Cambia la disciplina iva per i prestiti e i distacchi di personale
Con iva i distacchi e i prestiti del personale stipulati o rinnovati a decorrere dal 1 gennaio 2025
Dal 1 gennaio 2025 i prestiti e i distacchi di personale non possono più considerarsi esclusi da IVA con la conseguenza che dovranno essere fatturati con applicazione dell’iva ordinaria al 22%, anche in assenza di un differenziale tra importo riaddebitato e costo del personale sostenuto dalla società distaccante. In assenza di tale differenziale la non rilevanza, ai fini IVA, dei prestiti e distacchi di personale era prevista dal comma 35 dell’articolo 8 della Legge n.67 del 11/3/1988, ora abrogato per effetto la Legge n.166 del 14/11/2024 che ha introdotto l’art. 16-ter nel Decreto Legge n.131 del 16/9/2024 (DL Salva infrazioni) in sede della sua conversione in legge.
La modifica è stata introdotta per adeguare l’ordinamento italiano alla Corte di Giustizia europea che nella sentenza della UE 11/3/2020, relativa alla causa C-94/19, ha considerato appunto il prestito o distacco di personale rilevante ai fini IVA.
Viene espressamente previsto che la nuova disciplina è applicabile ai soli distacchi e prestiti del personale stipulati o rinnovati a decorrere dall’1 gennaio 2025 e che i comportamenti adottati dai contribuenti prima del 1/1/2025 per i quali non siano intervenuti accertamenti definitivi sono fatti salvi, sia in caso di applicazione dell’iva alle prestazioni relative al prestito o distacco di personale in adeguamento alla citata sentenza della Corte di Giustizia, sia in caso di gestione del prestito o distacco di personale fuori campo IVA in applicazione dell’art. 8 co. 35 della L. 67/1988 in presenza delle condizioni previste dalla suddetta norma.
La novità avrà particolare impatto sui distacchi e prestiti di personale nei confronti di quei soggetti che riceveranno le fatture con iva addebitata senza poterla detrarre totalmente o parzialmente, ad esempio perché effettuano operazioni esenti da iva.
In materia di distacco, giova ricordare il contenuto dell’art. 30 del Decreto Legislativo n.276 del 10/9/2003, il quale prevede che il distacco del lavoratore si configura quando il datore di lavoro, per soddisfare un proprio interesse, pone temporaneamente uno o più lavoratori a disposizione di altro soggetto per l'esecuzione di una determinata attività lavorativa.
L’istituto del distacco non determina il sorgere di un nuovo rapporto con il terzo beneficiario della prestazione, ma produce l’effetto di modificare le modalità di svolgimento dell’attività lavorativa rispetto a quanto convenuto dalle parti nell’originario contratto di lavoro.
I requisiti di legittimità del distacco sono:
• l’interesse del distaccante: deve essere specifico, rilevante, concreto e persistere per tutta la durata del distacco, da accertare caso per caso, in base alla natura dell’attività espletata e non semplicemente in relazione all’oggetto sociale dell’impresa. Può trattarsi di qualsiasi interesse produttivo del distaccante, anche di carattere non economico, che, tuttavia, non può consistere in un mero interesse al corrispettivo per la fornitura di lavoro altrui, che caratterizza, invece, la diversa fattispecie della somministrazione di lavoro;
• la temporaneità: il distacco deve necessariamente essere temporaneo. Tale previsione non incide sulla durata del distacco, che può anche essere non breve, purché non coincidente con tutta la durata del rapporto di lavoro;
• lo svolgimento di una determinata attività lavorativa: il lavoratore distaccato deve essere adibito ad attività specifiche e funzionali al soddisfacimento dell’interesse proprio del distaccante. Ne consegue che il provvedimento di distacco non può risolversi in una messa a disposizione del proprio personale in maniera generica e, quindi, senza predeterminazione di mansioni.
Il distacco è ammissibile anche quando lo svolgimento della prestazione lavorativa avvenga in un luogo diverso dalla sede del distaccatario. In altri termini, la dislocazione del lavoratore presso la sede dell’impresa distaccataria, pur rappresentando l’ipotesi statisticamente più ricorrente, non costituisce un elemento necessario per il corretto utilizzo dell’istituto.
Quanto agli oneri relativi al trattamento economico e normativo del lavoratore in distacco, la normativa prevede che questi restino, comunque, a carico del datore di lavoro distaccante. Nondimeno, nella Circolare n. 3/2004 del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali si dà atto di come nella prassi il rimborso al distaccante della spesa del trattamento economico non ha alcuna rilevanza ai fini dell’accertamento della genuinità del distacco. In ultima analisi, posto che il lavoratore distaccato svolge la prestazione non solo nell'interesse del distaccante ma anche nell'interesse del distaccatario, la possibilità di ammettere il rimborso rende più lineare e trasparente anche l'imputazione reale dei costi sostenuti da ogni soggetto del rapporto. In materia di rimborso del costo, il Ministero del Lavoro, evidenzia che l’importo del rimborso non può superare quanto effettivamente corrisposto al lavoratore dal datore di lavoro distaccante. In quanto ciò che differenzia il distacco dalla somministrazione, infatti, è solo l'interesse del distaccante. Mentre il somministratore realizza il solo interesse produttivo della somministrazione a fini di lucro, il distaccante soddisfa un interesse produttivo diversamente qualificato, come l'interesse al buon andamento della società controllata o partecipata.